Top 5 del mese: 4 cose belle e una anche no – agosto 2018

Non sappia la mano destra cosa fa la sinitra: scoordinati ne abbiamo? E geni musicali, babysitter di zucchero, lanterne volanti? Questo mese sì!

Indice

treccia

1° cosa bella – non sappia la mano destra cosa fa la sinistra

Questa è la divina direttiva che è stata data per il mio stampo, che spero abbiano buttato dopo aver sformato la sottoscritta: non a caso sono così scoordinata e goffa che non so fare l’occhiolino con la destra né schioccare le dita. Non so farmi una treccia.

La conseguenza è che ho un’ammirazione per i musicisti che supera la soglia di stima media: dovreste vedermi fare air drums sugli Smashing Pumpinks.

E uno che ammiro oltremisura è Stefano Bollani, che abbiamo ascoltato in concerto nelle cave di marmo Fantiscritti sopra Carrara a inizio agosto.

Siamo saliti a piedi tra la pietra che cangiava d’argento sotto la luna, lungo la strada da cui già dai tempi dei Romani scendevano i blocchi trainati dai muli; a tratti congelati da un’aria freddissima che non si capiva da dove arrivasse, e poi scaldati dal tepore che ancora mezzanotte riverberava dai massi esposti al sole durante il giorno.
Bollani è un genio, è perfino una banalità ripeterlo. Se non lo conoscete, vi rimando all’infinita lista di successi, idee, collaborazioni, incisioni, spettacoli che ha regalato al mondo. Oppure a questa intervista che gli ho fatto qualche anno fa per L’Uomo Vogue.

Non so immaginare un musicista più versatile, creativo e soprattutto più divertente: come diciamo noi toscani, “fa schiantà”. Andare a un suo concerto è come andare al cabaret: nella scaletta non esistono livelli qualitativi diversi, tutto ha cittadinanza e abbastanza dignità per poter essere preso in giro senza che ci rimanga male.
Il concerto inizia con tre pezzi jazz lunghi e “difficili” suonati di seguito, senza interazione con noi seduti sotto le stelle; poi finalmente si rivolge al pubblico e dice “vi ringrazio per l’applauso, questo è un autore italiano che praticamente suono solo io: Bollani”.

concerto bollani carrara

Noi ridiamo, lui inizia il cazzeggio. Standard da crooner suonati da un angelo ma cantate e tradotte in toscanaccio scurrile da un suo personaggio inventato, Duccio Vernacoli; “M’e morto i’gatto”, cover della cover di “With or without you” degli Edipo e il suo Complesso; e poi – come sempre – taccuino alla mano, chiede al pubblico cosa vuole sentire, si scrive i primi 10 titoli che sente urlare dalla platea e poi fa un medley estemporaneo, a gettone, come un juke box: Finché la barca va, Bella ciao, The final countdown, Rhapsody in blue.

Poi fa le imitazioni di Jovanotti, Paolo Conte, Angelo Branduardi.

Se gli chiedi se è un musicista jazz dice “massì, nel dubbio…”. Perché l’improvvisazione è jazz, e Bollani improvvisa di tutto con quelle mani.

Ma non la treccia: anche lui sa farsi solo la coda.

stefano bollani pony tail

2° cosa bella – piccola ode a una grande babysitter

Come distribuite il vostro budget per le vacanze? Viaggio, hotel/campeggio/casa in affitto, ombrelloni, affitto di mountain bike, gite educative, animazioni nel villaggio, shopping, ristoranti frizzi e lazzi?
Il nostro va in spese di condominio, bollette, posto barca e manutenzione dell’appartamento che mio suocero non abita più e che ci presta da 26 anni.
Sì, abbiamo il privilegio di poter usare una casa al mare, che però assorbe ogni risorsa e che quindi taglia le gambe a qualsiasi altra velleità.

L’unica che ci concediamo è la babysitter, perché la piccola serpe in seno (figlio, nipote e pronipote di velisti) detesta andare in barca e per cui se dessimo retta a lui l’unico svago che offre il borgo natio di mio marito ci sarebbe negato.

Per 3-4 ore al giorno, un giorno sì e uno no, lo affidiamo quindi a una ragazza del posto che è la luce dei miei occhi.

Noel, 19 anni, che è fatta di zucchero e che guarda Mario da quattro anni.

E quando dico guarda intendo dire osserva: nonostante la sua giovane età è sempre stata in mezzo ai bambini, ha sempre fatto volontariato e ha sempre voluto lavorare con i bambini con disabilità (infatti si sta diplomando in questo ramo). Nonostante il suo fare calmissimo e docile, ha mille occhi e mille idee.

Quando li raggiungo non la trovo mai con il cellulare in mano o abbrancicata con il suo fidanzato – è tutta per Mario: stanno giocando a racchettoni in pineta, stanno tirando datteri alle boe con la fionda, stanno raccogliendo zucchine o visitando l’asino nell’orto, stanno facendo un torneo di ping pong, una casetta nella tenda, un puzzle dell’Uomo Ragno o una partita a Monopoli (contro il povero fidanzato).

zucchine giganti
Per raccogliere le zucchine nel’orto della Noel servono i paranchi!

Ogni sera mi manda le foto di come hanno passato la giornata: le piste di biglie in spiaggia, il gelato spalmato sulla bocca sdentata di mio figlio, un giro in moto d’acqua con un poliziotto (!!!).

Sapete come si dice? Trova uno che ti guardi come Romeo guarda Giulietta.
Ecco, trovate una babysitter che guardi i vostri figli come Noel guarda Mario: vale una vacanza.


3° cosa bella – c’è ma non si vede

non colore

Tornati dalla vacanza passata un po’ in acido perché avevamo i muratori in casa (no, non abbiamo ancora terminato: contiamo che a metà settembre se ne vadano via, verso l’orizzonte, fino alla fine del tempo), ci siamo messi al lavoro per pulire e ritraslocare tutte le stanze ristrutturate.

Ho trovato pennellate e schizzi dentro le lampade, nei gabinetti, sulle finestre, i termosifoni. Decine di ore-donna/uomo passate con la spugnetta in mano e una manciata di santi del calendario gregoriano da disturbare ad ogni nuovo interruttore imbiancato.

Però… non è tutto bianco quel che non ha colore.

O come dice Vittoria Basile, ingegnere edile e interior designer, esistono i non-colori, che se ho capito bene sono quelli che noi laici chiamiamo bianchi sporchi, o rosa o grigi chiari, e su cui si possono costruire delle palette che “suggeriscono invece di dire” – o anche sbraitare, come il nostro vecchio appartamento, che aveva il salotto giallo tuorlo.

Vittoria, che conosco attraverso il suo blog Very Vittoria (che vi consiglio se avete il fetish della casa), mi ha dato una consulenza attenta e sensata via Messenger.

Dovevo decidere se tenere il salotto bianco o dargli una nuance. E avevo molta paura: non si esce da un uovo senza la paura di fare di nuovo una frittata.

C’è chi è bravo con le mani, e c’è chi è bravo con gli occhi: le ho mandato un video del mio strano salotto dalla forma schizofrenica, e lei subito lo ha trasformato in uno schizzo:

Da qui, mi ha consigliato di lasciare il soffitto bianco e colorare le pareti. Con uno, due o tre colori.
Ho deciso per uno, perché mi sarei sentita vanitosa altrimenti.

Poi, tirella di 5000 colori in mano – io a Genova, lei a Napoli – ci siamo consultate sul tono.

Cosa fare con la spallina, se la nicchia dei dischi rimane bianca??

Come una psicologa che ha che fare con una paziente con PTSD da tuorlo, mi ha guidata con delicatezza tra i vari codici: “Questo è proprio un bianco, neanche un sabbia, in genere lo uso nei living perché è un colore morbido, che ti aiuterà a percepire la stanza accogliente. Il grigio chiaro è molto più ricercato e non scontato, è un tono fine e che si adatta a ogni ambiente senza appesantirlo. Bisogna sceglierlo molto chiaro perché tende a scurirsi una volta utilizzato”.

Decidere tra un grigio caldo e un grigio freddo è stato il passo successivo.

Lì, è intervenuta la mia amica Flavia Botto che, con la sua lunga carriera nella grafica, mi ha fatto capire una verità importante: se hai mobili e quadri caldi, hai bisogno di una parete fredda per dargli tridimensionalità (e viceversa).

Ecco: il risultato a me piace tantissimo. Voi cosa ne pensate?

salotto
pareti grigie



4° cosa bella – il ventaglio

Antò, c’è stata un’estate più calda di questa?
Non so voi quanti anni avete, ma io ho passato la soglia della gioventù quando ho deciso di aprire il ventaglio. Prima per sopravvivere, poi con un certo orgoglio mediterraneo da vecchina che fa le orecchiette sull’uscio di casa.

sasha carnevali


Quando ne ho parlato su Instagram ho scoperto di far parte di un ampio club di donne, anche non di età, che sventaglia al ristorante, sulla panchina, sul divano. Che gusto farsi aria e dire: “Eh, signora mia!”
Nel 2018 c’è anche chi ne ha uno coordinato per ogni borsa:

ventaglio coordinato



Una cosa che anche no – le lanterne volanti

Ancora una volta durante una festa estiva ho assistito allibita all’aerovaro (tiens, ho inventato una parola dannunziana) delle lanterne cinesi di carta, sempre nel paese dove passiamo le vacanze.
Lasciate partire dalla spiaggia, le lanterne di carta sospinte dal calore della loro fiammella hanno svolazzato sulla baia, cadendo poi dove potevano: a tre metri dal telo di plastica che copre lo yacht in un cantiere e tra le barche ormeggiate in rada, ma per fortuna non tra i pini e gli ulivi che si stringono sull’insenatura e su cui non pioveva da tre mesi.

lanterne cinesi volanti.
Questo è giocare col fuoco. Non si fa.

Il vento porta le lanterne dove gli pare, e ogni volta che vengono lanciate – OVUNQUE – si sfiora la tragedia greca, e non è nememno una figura retorica: un fuoco che cade su una barca di notte, con una famiglia a bordo, o su un poggio di erba secca che lo può sparpagliare in una intera provincia, sono rischi veri, tangibili e quindi estremamente idioti.

È come lanciare una freccia infuocata a casaccio, o sparare in aria con il fucile, come si faceva una volta a Capodanno, e sperare che non succeda niente.

Non c’è niente di poetico in qualcosa che dovrebbe essere illegale, esattamente come un’arma.

Appendice – non sparate sul pianista

Il bravo pianista è lì per intrattenerci. Ha studiato tutta la vita, si esercita tutti i giorni da 40 anni, crea melodie, si inventa pure le cose buffe per “facce ride”.

Allora, non andate nei cessi chimici a bordo platea mentre suona.

Non correte via mentre torna per il bis, solo per arrivare prima degli altri alla macchina, ché lui dal palco vi vede.

Non filmate il concerto sul cellulare, tenendo lo schermo luminoso piantato davanti i miei occhi per due ore (fra l’altro: avevi le cuffiette nelle orecchie; ma che ti ascoltavi brutta stronza maleducata? Allevi? Che ci sei venuta a fare in cima a ‘sta cava? Un video pirata?).

Che fastidio, “la gente”. Sono già una vecchia di merda che stringe tra le dita nodose le tendine di pizzo mentre spia e giudica “la gente”. Lo fa solo con la mano destra, perché non è abbastanza coordinata per usare anche la sinistra, ma ha i pugni in tutte e due le mani.

polpettone genovese fagiolini

Polpettone genovese di fagiolini e patate

Il polpettone genovese è una tipica ricetta della nonna: viene servito fin dall’asilo nido, non manca mai nei ristoranti, nei forni, nelle pizzerie e nelle friggitorie locali.